La percezione del sapore è l’elaborazione cerebrale di tutta una serie di stimoli che provengono dai numerosissimi sensori presenti nel nostro corpo (non solo in bocca) e che è fortemente influenzata dallo stato psicologico di ciascuno e dal contesto culturale.
Volendo soffermarci sull’aspetto più propriamente sensoriale della “costruzione” del sapore, è doveroso considerare prioritariamente i cosiddetti sensi chimici: il gusto e l’olfatto.
Le sensazioni gustative ed olfattive si combinano da subito, all’interno della bocca, grazie all’olfatto retronasale che capta le sostanze odorose volatili emesse dai cibi masticati e riscaldati nel cavo orale; a livello cerebrale, inoltre, i due sensi trovano molti punti di convergenza nei percorsi che fanno le vie nervose e nelle loro proiezioni corticali.
Il gusto e l’olfatto sono definiti “sensi chimici”’ perché consentono di riconoscere e analizzare le molecole provenienti dall’ambiente esterno. Queste molecole possono avere funzione nutritiva, oppure essere tossiche o, addirittura, svolgere un ruolo “sociale” come nel caso dei ferormoni. Gusto e olfatto sono pertanto indispensabili alla sopravvivenza individuale e della specie.
L’olfatto orienta verso possibili fonti di cibo o partner sessuali e allontana da potenziali pericoli. Molte specie di mammiferi utilizzano l’olfatto, oltre che per le scelte alimentari, anche per identificare gli individui e per i comportamenti di attacco e di fuga. Un ruolo importante è svolto, infine, nell’ambito delle funzioni riproduttive e delle cure parentali.
L’odore è un segno che può rivelare l’identità o semplicemente la presenza di un soggetto anche a distanza, a differenza dei tratti somatici che richiedono invece visibilità e vicinanza. Sostanziale è la differenza con il gusto che rileva necessariamente le sostanze per contatto diretto.
L’olfatto fornisce informazioni precoci permettendo così di valutare diverse opzioni prima di prendere una decisione; ad esempio, può rilevare in quale direzione si trova il frutto più maturo o il potenziale predatore. Al contrario, una volta che assaggia qualcosa, si è già in contatto diretto con essa; la reazione deve essere immediata: mangiarla o sputarla fuori.
I sensi chimici sono anche i sensi evolutivamente più antichi, come dimostra la loro presenza in organismi molto primitivi (ad esempio i batteri usano la chemocezione per esplorare l’ambiente) e la precocità di comparsa nello sviluppo fetale.
Ci sono evidenze della presenza di strutture olfattive già a partire dalla 10’ settimana di gestazione mentre il gusto compare pochissime settimane dopo.
Il liquido amniotico è ricco di odori che dipendono dall’alimentazione della madre e che saranno riconosciuti dal neonato dopo la nascita. Il neonato scopre presto quali odori gli piacciono, lo calmano e lo rilassano e quali sono sgraditi, mentre la madre riconosce, a livello inconscio, l’odore del suo bambino. Odori tipo il latte materno, il profumo della madre o una coperta familiare sono associati con il comfort e la sicurezza.
In tutti gli animali le cure parentali sono basate su reciproci segnali olfattivi fra madre e figlio; a questi si aggiungono poi i segnali gustativi. Vediamo, ad esempio, come molti mammiferi abbiano il comportamento istintivo di leccare la prole.
L’olfatto dell’uomo è meno sviluppato di quello degli animali ma consente di riconoscere e attribuire odori diversi a moltissime molecole (si stima 10.000). La sensibilità del sistema è tale da far si che la presenza di un odore è rilevata a una concentrazione di 107 molecole per 1 ml d’aria e la sua identità è riconosciuta a una concentrazione solo dieci volte superiore.
Il senso del gusto è meno discriminativo e sensibile in quanto riconosce solo i cinque sapori fondamentali (dolce, salato, amaro, acido e umami). La minore sensibilità del gusto rispetto all’olfatto è confermata dal fatto che sono necessarie concentrazioni da 1014 a 1020 molecole per 1 ml di soluzione per avere la sensazione gustativa.
L’organizzazione del sistema del gusto, che sembra piuttosto limitata rispetto all’olfatto, è in realtà ottimizzata per fare scelte binarie come questa: mangia questo se è dolce o salato (cioè è cibo), non mangiarlo se è amaro o troppo acido (che segnala veleno).
Due sensi complementari quindi? Oppure un unico senso?
Anthelme Brillat-Savarin, nella sua Physiologie du Goûte (1825), ci insinua il dubbio:
“Per conto mio, non soltanto sono persuaso che, senza la partecipazione dell’odorato, non esiste assaporamento completo, ma sono anche tentato di credere che l’odorato e il gusto formino un solo senso”.
Attendiamo in merito ulteriori nuovi e affascinanti studi.
Roberto Casaccia